L’allenatore è un uomo solo, amava ripetere Arrigo Sacchi. Figuriamoci un commissario tecnico della Nazionale.
Europei o Mondiali sono diventati troppo spesso un punto di arrivo. Forzato o meno. Basti pensare al Portogallo di Fernando Santos e della sua scelta di relegare in panchina Leao e Cristiano Ronaldo: flop ed esonero, allenerà la Polonia, il suo sostituto? Roberto Martinez, che ha chiuso nel peggiore dei modi l’esperienza con un Belgio fuori addirittura nella fase a girone di Qatar 2022.
L’allenatore è una figura diventata molto importante, forse anche troppo in questi ultimi anni. Basti pensare a Max Allegri che divide opinione pubblica e semplici tifosi con la sua filosofia, a volte fa più notizia della sua squadra, la Juve.
E che dire di Mourinho, trascinatore del popolo romanista. Un maestro di comunicazione che più trend della Roma stesso. Bielsa, Ancelotti, Klopp e Guardiola: ore e ore a parlare di loro, quasi le partite stesse passassero in secondo piano.
Alla fine comunque ha ragione Arrigo Sacchi, che a un certo punto ha detto basta, troppo stress: l’allenatore è un uomo solo principalmente perché quando vince, sono i giocatori ad alzare un trofeo. Quando perde è sempre colpa sua.
Anche un altro allenatore, peraltro ex commissario tecnico dell’Italia ha detto stop. Cesare Prandelli, ex centrocampista di Cremonese e Atalanta, ma soprattutto Juventus, con la quale ha vinto praticamente tutto: tre scudetti, una Coppa Italia, una Coppa dei Campioni, una Coppa delle Coppe ed una Supercoppa europea. Come allenatore ha iniziato in quel luogo magico (per alcuni, Gasp soprattutto) chiamato Atalanta, che gli offrì una panchina, quella degli Allievi, prima di passare in Primavera e con la quale debuttò in Serie A.
Lecce e Verona, Parma e una brevissima parentesi alla Roma, complice anche la grave malattia che colpì la moglie Manuela, con conseguente morte. Il meglio, a livello di club, Prandelli lo dà con la Fiorentina, capace di portarla al quarto posto centrando la qualificazione ai preliminari di Champions, prima che lo scandalo calciopoli gli togliesse tutto. Non per molto. Prandelli porta la Fiorentina fino alla semi di Europa League e, nella stagione 2008-2009, anche all’esordio nella fase a girone di Champions.
Ha portato l’Italia a un passo dalla storia con la finale a Euro 2012, con terzo posto alla Confederation Cup susseguente, prima di floppare il Mondiale 2014, con gli Azzurri fuori al primo turno.
Esperienza estera col Gala, Valencia e proprio l’Al Nassr di Ronaldo. Poi e ritorno alla Fiorentina prima di un precoce ritiro. “Un po’ di richieste arrivano sempre – chiosa Prandelli, in una recente intervista radiofonica a Radio RAI – ma al momento la panchina che sto sognando è quella in un parco con i miei nipotini per godermi la vita con loro. Basta allenare”.